C’è da dire, da subito, che si tratta di un vino che per me è un grande punto interrogativo. Non conoscevo il produttore. Non so che vitigni siano stati usati (Trebbiano? Malvasia?) nè di che annata possa essere. Semplicemente, un amico ristoratore appassionato di bio (logico o dinamico non importa) me lo ha piazzato davanti. A proposito. Il ristorante è L’Officina, a Perugia, in Borgo XX Giugno. Passateci, sia per la cucina che per la carta dei vini, ne vale la pena.
Vino a me sconosciuto, quindi, dicevo. Il colore, ambrato, è già caratterizzante e riesce a dare un’idea di quello che ci si potrebbe aspettare. Ma il naso è una vera sorpresa. Di una intensità spiazzante, racconta sentori di albicocca, di pesca, di agrumi, floreali e minerali. In bocca un’acidità molto sostenuta tende a coprire le altre sensazioni, soprattutto in apertura, a scapito di un potenziale essere nervoso. Continua rimanendo con una certa quasi astringenza, come se fosse appena tannico, per finire molto lungo e molto pulito.